"Quaderni di Serafino Gubbio operatore” è un romanzo di
Luigi Pirandello, pubblicato in primis nel 1916 col titolo “Si gira...” successivamente
modificato con il nuovo titolo nel 1925.
Segue la trama presa integralmente da
Wikipedia:
<<si narra la
vicenda di Serafino, un cineoperatore della casa cinematografica Kosmograph con
il nomignolo di "Si gira", che quotidianamente annota in un diario
tutti gli avvenimenti che riguardano quelli che lavorano nel suo ambiente e
soprattutto la storia di un'attrice russa, grande seduttrice di uomini, Varia
Nestoroff. Ella viene paragonata ad una tigre. È una donna che fa del male agli
uomini ma non ne prova piacere. Inizialmente viene ospitato in un ospizio di
mendicità a Roma che il suo amico Simone Pau chiama albergo. In questo ospizio
conosce un violinista che si è ridotto ad accompagnare un pianoforte automatico
e che infine non suona neanche più ma beve solo. Serafino si sente totalmente
alienato dal suo lavoro tant'è che poi afferma: "Finii d'esser Gubbio e
diventai una mano". Nella scena finale del romanzo Serafino riprende
meccanicamente con la sua cinepresa una scena terribile: Aldo Nuti sta girando
una scena in cui deve uccidere una tigre; tuttavia, invece di rivolgere l'arma
verso l'animale, egli uccide la Nestoroff. Rimane però ucciso a sua volta,
sbranato dalla stessa tigre. Serafino, che sta filmando la scena, diviene muto
per lo shock e rinuncia ad ogni forma di sentimento e di comunicazione.>>
Il romanzo si colloca, cronologicamente parlando, durante il
Futurismo italiano; tuttavia, a differenza degli esponenti della corrente
artistica e letteraria, Pirandello si distacca dalla consuetudine, per “disincantare”
la concezione della macchina, colpevole di “mercificare la natura”.>>
Secondo l’autore, la meccanizzazione ha reso schiavo l’uomo
e avviato un processo che porterà alla distruzione del genere umano (e non solo).
Similmente ad altre opere pirandelliane, l’individuo perde la sua identità e di
conseguenza la capacità di essere “attivo” nel presente, perdendo la possibilità
d’agire.
La meccanizzazione ha tolto la possibilità di dare un senso
al fluire della vita: è questo il significato del mutismo che colpisce Serafino
Gubbio, a causa dello shock per aver assistito all'orribile spettacolo
dell'uomo sbranato da una tigre mentre continuava a riprendere la scena; è
dunque la metafora dell'alienazione dell'artista e della riduzione dell'uomo a
macchina.
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